Tutti i popoli della Terra vogliono poter essere
felici.
Questa esigenza fondamentale ha accompagnato le genti
di tutte le razze nella loro storia e nella loro evoluzione.
Per realizzare questo obiettivo, sono stati ideati
e realizzati sistemi sociali, civili, economici, politici, morali
e religiosi.
Lo stato attuale del mondo è l'effetto di
tutto quello che è stato pensato e che è stato fatto
fino ad ora dalla gente per essere felice. E' stata compiuta un'opera
immane, sia in termini di conoscenza che per gli effetti concreti
che noi tutti, oggi, possiamo osservare.
Ma i popoli non sono felici, anzi, oggi più
di prima, dubitano di poterlo essere. Vien naturale chiedersi
quali siano le cause di questa grande incongruità che noi
tutti percepiamo nel giudicare il rapporto tra i costi immensi
che l'umanità ha accettato nel corso della sua storia ed
i risultati reali che sono stati ottenuti.
I sistemi sociali privilegiano l'avere piuttosto
dell'essere: si preferisce il possesso delle cose materiali, anche
oltre ogni reale esigenza, per accrescere il quale vengono accettati
compromessi di carattere etico e morale, sia nei confronti dei
propri simili che nei confronti dello scenario naturale in generale.
I sistemi civili si fondano
su stati di diritto funzionali a chi li ha proposti e li sostiene,
attraverso una prassi di verità mediata da un'informazione
sottoposta al controllo ed alle riserve di chi intende mantenere
e consolidare il proprio potere su tutti gli altri.
I sistemi politici sono
strumentali a chi desidera il potere di avere ed il potere sugli
altri, aprendo conflitti tra chi ha e può molto, rispetto
a chi ha e può di meno.
I sistemi economici sono
orientati ad incrementare la ricchezza dei più ricchi a
scapito dei più poveri, attraverso tutte le tecniche che
consentono di realizzare questo risultato, a prescindere da condizioni
oggettive di carattere geografico, storico, culturale ed ambientale
e, soprattutto, a prescindere dalle reali esigenze e dai costi
sopportati dalla gente.
I sistemi morali, condizionati
e compromessi da quelli sociali, civili e politici, inducono la
gente ad assuefarsi al male, denunciandone la pratica ma giustificandone
gli effetti.
I sistemi religiosi si
assurgono a tutori di sconosciute realtà ultraterrene e
propongono regole civili e morali in funzione di un premio dopo
la morte e, intanto, pur indicando validi messaggi circa la migliore
convivenza terrena, praticano il potere con il preciso obiettivo
di mantenere, per quanto possibile, le cose come stanno.
Intanto, le persone comuni, la stragrande maggioranza
della gente, sono costrette ad accettare l'ingiustizia, la delinquenza,
la guerra.
Un quarto dell'umanità produce e consuma
i tre quarti della ricchezza del nostro pianeta.
Negli ultimi cento anni, il numero dei poveri sul
nostro pianeta è triplicato e, per i prossimi trent'anni,
è previsto un ulteriore aumento.
Nel nome di ideali politici e religiosi, scaturiti
da visioni distorte circa le migliori soluzioni da adottare, sono
state uccise centinaia di milioni di persone.
Ed ancora oggi, alla fine di un secolo che ha già
subito le due più grandi guerre della storia, nonostante
i buoni intenti dichiarati dai potenti della Terra, le possibilità
di grandi conflitti armati appaiono ancora probabili.
Alcuni paesi sono in guerra, altri hanno la guerra
ai loro confini.
L'attuale stato del mondo è, quindi, caratterizzato
da grandi conflitti, incentrati fondamentalmente sulle differenze
di benessere tra i popoli e tra le persone di ciascun paese.
Molte grandi religioni professano la loro fede nella
pace, mentre costituiscono e rappresentano elementi propulsori
delle guerre.
Con i sistemi di governo degli Stati, le classi dirigenti
non hanno saputo o voluto risolvere i grandi problemi dell'umanità,
ed è solo a causa dell'attuale situazione dell'economia
mondiale (quindi, non per scelta, ma per puro fatto contingente),
che sono stati raggiunti accordi tesi a smilitarizzare blocchi
politici contrapposti di parte degli arsenali esistenti, peraltro
di gran lunga eccedenti le necessità strategiche di difesa.
Tale situazione ha indotto le genti di tutte le razze
a dubitare della capacità di governo di chi rappresenta
il potere, a prescindere dal modo in cui questo potere sia stato
acquisito o conferito.
E, quello che è ancora peggio, i popoli si
stanno arrendendo a questa situazione, si stanno convincendo che
le cose non possono cambiare.
Forse è per questo che l'essere umano si sta
dimostrando sempre più egoista, sempre più assuefatto
al proprio stato imperfetto.
Le cause sono certamente diverse e gli effetti che
ne derivano ci propongono problemi di difficile soluzione.
Tra l'altro, le diverse condizioni in cui vivono
grandi aggregazioni di umanità rispetto ad altre, impongono
l'adozione di soluzioni diverse a problemi che, forse, originariamente
sono riconducibili alla stessa causa ma che, nel loro processo
evolutivo, propongono distinte realtà.
La causa originaria di questi stati sociali, civili,
politici, economici, morali e religiosi e, quindi, di questo modo
di vivere, è rappresentata, secondo noi, dal conflitto
di obiettivi tra governanti e governati.
I governati cioè il popolo che impiega
risorse ed energie hanno come obiettivo il loro benessere,
realizzabile, secondo noi, attraverso la conoscenza, la libera
intraprendenza ed il libero lavoro, la giustizia sulla destinazione
dei risultati.
I governanti, anche se
sono eletti democraticamente, hanno come obiettivo il potere,
la sua conquista ed il suo consolidamento; hanno come strategia
il benessere degli elettori che governano, hanno come mezzo
lo Stato (cioè l'esercizio della possibilità
di governare) ed i partiti come prassi di controllo dello Stato.
Il benessere comune, che per i governati è
un fine, diventa dunque strategia, o modo, per i governanti, per
realizzare i propri obiettivi, cioè la conquista ed il
consolidamento del potere.
Nelle società democratiche, i partiti rappresentano
gli strumenti attraverso i quali i governanti conquistano e mantengono
il potere sui governati mediante gli Stati.
Definiamo, per come la conosciamo, la situazione
politica che si è venuta creando dal nostro sistema politico.
Il sistema democratico si è dimostrato di
gran lunga il miglior modo di governare.
Tuttavia, non essendo più possibile, oggi,
un sistema politico basato sulla democrazia diretta perchè
i compiti di governo sono tali e tanti che, se i popoli dovessero
decidere direttamente su tutto, essi sarebbero completamente occupati
a decidere e, quindi, non avrebbero il tempo per lavorare e produrre
ricchezza sorge l'esigenza di nominare rappresentanti del
popolo ai quali conferire il mandato di regolamentare, attraverso
gli Stati, una civile convivenza.
Si può parlare, allora, di democrazia indiretta,
o rappresentativa, che si realizza attraverso la nomina di rappresentanti,
ai quali viene conferito l'incarico di governare, indicando loro
le scelte desiderate dagli elettori.
Gli eletti, come mandatari dei popoli, si impegnano
a compiere quelle scelte per realizzare l'obiettivo di risolvere
i problemi dei governati.
Non è governo del popolo, ma governo dei rappresentanti
del popolo, eletti direttamente dal popolo, che deve poter esercitare
il controllo sul modo di governare.
Così dovrebbe essere e così si cerca
di convincerci che sia.
In realtà, il rapporto tra governanti e governati
è minato dall'intervento di forze di aggregazione che,
invece di rappresentare strumenti di partecipazione e di controllo
al servizio dei governati, hanno assunto e continuano in ogni
dove ad assumere la caratteristica di controllare direttamente,
autonomamente, gli Stati ed i governi.
Queste forze sono i partiti politici.
La loro funzione distorta ha origine dalla convinzione
che lo Stato ed il popolo siano due entità contrapposte,
in cui il popolo, pur avendo la sovranità sullo Stato,
non ne è componente indissolubile.
Quindi, da una parte il popolo, dall'altra lo Stato
il quale, invece di essere governato dai rappresentanti del popolo,
è governato dai partiti che hanno saputo e potuto appropriarsi
del potere.
E questo stato di cose permane immutato finchè
i partiti riescono ad ottenere il consenso, per essere poi sostituiti,
quando ormai i problemi insoluti sono insostenibili ed intollerabili,
da altri partiti che, dovendo affrontare gli stessi problemi,
riescono a convincere i popoli ad accettare rapporti politici
analoghi a quelli impostati dai partiti sostituiti.
Ad un gruppo di potere se ne sostituisce un altro,
che adotta lo stesso sistema politico e, quindi, lo stesso sistema
di potere.
I diversi partiti hanno metodologie diverse per ottenere
il consenso, quindi diverse strategie, non diversi obiettivi.
Il comune obiettivo prevalente resta quello di conquistare
il potere e consolidarlo.
In Italia, poi, a causa di peculiarità ampiamente
note, non vi è neppure stata questa occasione.
Dalla fondazione della Repubblica ad oggi, i partiti
che hanno detenuto il potere di governare sono stati sempre gli
stessi.
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